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Siria, jihadisti prendono Damasco. Capo dei ribelli: “Il futuro è nostro”

AttualitàSiria, jihadisti prendono Damasco. Capo dei ribelli: "Il futuro è nostro"

(Adnkronos) – Abu Mohammad al Jawlani è a Damasco. Il capo di Hayat Tahrir al Sham (Hts), il gruppo di jihadisti che insieme ad altre fazioni ha guidato l’avanzata lampo dei ribelli, è entrato nella capitale siriana poche ore dopo la caduta del regime di Bashar al Assad. “Il leader Ahmed al-Sharaa (vero nome di al Jawlani) si è inginocchiato e ha baciato la terra”, fa sapere Hts sul suo canale Telegram, mostrando le immagini del suo arrivo a Damasco. Non si torna indietro, “il futuro è nostro”. Questa la dichiarazione fatta alla tv siriana dal leader poche ore dopo l’ingresso dei suoi uomini nella capitale. 

Il premier siriano Mohammed Ghazi al-Jalali per il momento resterà in carica fino alla transizione dal regime alle nuove autorità siriane, ha detto ancora in una nota il leader di Hayat Tahrir al-Sham, secondo quanto riferisce al Jazeera. Dal canto suo, il premier – che era stato nominato a settembre – ha fatto sapere che il suo governo è pronto a cedere il potere a qualsiasi leadership che sia scelta dal popolo. 

“Non sto andando via e non vado via. Aspetto in modo pacifico per garantire la continuità delle autorità pubbliche, delle istituzioni e dell’apparato dello stato, per garantire la sicurezza di tutti i cittadini”, ha detto in una dichiarazione in video, nella quale assicura che “stiamo tendendo la mano anche all’opposizione, che ha teso la mano e ha assicurato che non causerà alcun danno a nessun cittadino che appartiene a questa nostra Siria”. 

I ribelli jihadisti sono entrati nella notte nella capitale siriana, neanche dieci giorni dopo l’inizio di un’offensiva inarrestabile nel corso della quale hanno preso il controllo di Aleppo, Hama e Homs. Assad, presidente da 24 anni, ha lasciato il Paese per una destinazione sconosciuta, ha riferito l’Osservatorio siriano per i diritti umani, citando ufficiali dell’esercito siriano. “Il tiranno è fuggito” e Damasco “è liberata”, hanno annunciato gli insorti: “Questo è il momento che sfollati e detenuti aspettavano da tempo, il momento del ritorno a casa e il momento della libertà dopo decenni di oppressione e sofferenze”.  

I jihadisti sono poi entrati nel palazzo presidenziale al grido di “Dio è il più grande”, hanno raccontato testimoni oculari alla Dpa. I ribelli sarebbero entrati nel palazzo, situato nel distretto di Mezzeh, senza incontrare alcuna resistenza. 

L’aeroporto di Damasco è stato intanto chiuso dopo l’ingresso dei ribelli nella capitale. Lo riferiscono i media locali, precisando che i voli in arrivo e in partenza sono sospesi fino al 18 dicembre. Gli insorti hanno quindi annunciato il coprifuoco nella capitale dalle 16 alle 5. In una nota, tuttavia non precisano per quanti giorni dovrà restare in vigore. 

“Stamattina un gruppo armato è entrato nel giardino della residenza dell’ambasciatore d’Italia: non c’è stata violenza né nei confronti dell’ambasciatore né dei Carabinieri”. Ad annunciarlo dando oggi le ultime notizie sugli sviluppi della situazione in Siria è stato il ministro degli Esteri Antonio Tajani in una conferenza stampa dall’Unità di crisi della Farnesina. “Hanno portato via solo tre automobili e tutto è finito lì, sono stati per qualche tempo nel giardino, evidentemente volevano verificare se c’erano militari di Assad o una documentazioni particolare ma non sono stato toccati né l’ambasciatore né i Carabinieri che ora sono al sicuro fuori della residenza e continuano a lavorare da remoto. Quindi la situazione è completamente sotto controllo, in una condizione complicata”, ha sottolineato. 

“Questa notte un gruppo di 15 nostri connazionali ha varcato la frontiera Siria-Libano e con il sostegno della nostra ambasciata a Beirut sono riusciti ad entrare in Libano e adesso sono sistemati in abitazioni, in conventi a Beirut”, ha poi annunciato il ministro. “Ieri – ha ricordato – erano arrivati altri in Giordania, non ci sono altri cittadini italiani che chiedono di lasciare il paese”. 

“Mi pare che sia ancora poco chiaro – ha continuato Tajani – chi alla fine avrà la gestione della Siria perché non è una forza unitaria, sono più forze, vedremo se sarà possibile parlare con le nuove forze che arrivano, innanzitutto per tutelare i nostri concittadini, garantire l’incolumità di tutti gli italiani che sono in Siria. Poi vedremo – ha aggiunto – cosa accadrà, è una situazione in continuo movimento, non si sa neanche che fine abbia fatto Assad, non abbiamo notizie certe”. 

“Continuiamo a monitorare la situazione con le ambasciate, Palazzo Chigi e il ministero della Difesa. Ho informato il Presidente del Consiglio di tutto ciò che sta accadendo nei dettagli e l’ho informata degli sviluppi della situazione dei nostri connazionali e dell’ingresso di un gruppo di uomini armati nel giardino della residenza dell’ambasciatore, dove hanno sparato alcuni colpi di arma da fuoco contro il muro”, ha detto ancora, aggiungendo: “Anche su questo tema sono in contatto con il ministro della difesa Crosetto per seguire l’evolversi della situazione”. 

“Per quanto riguarda la situazione politica noi auspichiamo un passaggio di consegne tra il regime che è caduto e la nuova realtà che sia pacifico, che ci sia una transizione politica e non militare. Mi pare che le cose vadano in questa direzione: è importante che rimanga l’unità politica della Siria ed è importante altresì che non vengano attaccate le minoranze, a cominciare da quella cristiana, e le sedi diplomatiche”, le parole di Tajani. 

Dopo l’ingresso dei ribelli jihadisti guidati dal gruppo Hayat Tahrir al Sham (Hrs) nella capitale, centinaia di persone sono scese in piazza a festeggiare la caduta del regime degli Assad al potere da 53 anni. Il premier Mohammed al-Jalali ha intanto fatto sapere di essere pronto a cooperare nel passaggio dei poteri. In un post sui social ha scritto: “Crediamo che la Siria sia di tutti i siriani, che sia il Paese di tutti i suoi figli e che questo Paese possa essere uno Stato normale che costruisce buone relazioni con i suoi vicini e con il mondo senza entrare in alleanze e blocchi regionali”. 

In un video, il premier siriano è apparso assieme ad un gruppo di ribelli, apparentemente scortato da loro verso un albergo per ufficializzare il passaggio dell’autorità e la transizione del potere. A riferirne è la Cnn, precisando che Al-Jalali è stato visto scendere le scale e quindi entrare in un Suv con un’altra persona. “L’ex primo ministro è con il V Corpo del popolo dell’Hauran diretto all’Hotel Four Seasons per un incontro e per consegnare le istituzioni del Paese agli eroi dell’Esercito libero”, si sente dire nel video. 

Dopo la conquista degli uffici dei media di Stato, l’annuncio sulla presa della capitale siriana è stato diffuso anche attraverso la tv nazionale: “Il tiranno Bashar al-Assad è stato rovesciato e i prigionieri oppressi nelle carceri del regime sono stati rilasciati”, ha detto un portavoce leggendo un comunicato circondato da circa una dozzina di altri ribelli. “Chiediamo alle persone e ai combattenti di proteggere tutte le proprietà nella Siria liberata… lunga vita alla Siria libera per tutti i siriani di tutte le sette”, ha aggiunto. 

La televisione statale siriana ha poi diffuso un nuovo messaggio in cui si proclama “la vittoria della grande rivoluzione siriana e la caduta del regime criminale di Assad”. Il testo è scritto su un messaggio a tutto schermo in grossi caratteri bianchi su sfondo prevalentemente rosso. 

I ribelli in nella notte hanno preso il controllo anche della famigerata prigione militare di Saydnaya, il simbolo del potere di Assad a nord della capitale. Amnesty International aveva soprannominato Saydnaya “il mattatoio umano” in un rapporto del 2017 dopo aver ampiamente documentato le impiccagioni di massa avvenute nel carcere. Un rapporto dell’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani del luglio 2023 aveva evidenziato “continui modelli diffusi e sistematici di tortura e trattamenti crudeli, inumani o degradanti, comprese le sparizioni forzate” all’interno delle strutture di detenzione siriane, inclusa Saydnaya. 

Irruzione dei ribelli anche nell’ambasciata iraniana a Damasco, cuore del sostegno al regime, ha riferito la tv al Arabiya, che mostra le immagini di gente che strappa un grande poster affisso sul cancello della rappresentanza con l’immagine del generale Qassem Soleimani, ucciso nel 2020 in Iraq in un attacco americano, e di Hassan Nasrallah, il leader Hezbollah ucciso a settembre in un raid israeliano a Beirut. Secondo al Jazeera il personale dell’ambasciata era già fuggito e non c’è stata resistenza contro i manifestanti. 

Secondo l’agenzia di stampa iraniana Tasnim, ad assaltare l’ambasciata sarebbe stato un gruppo di individui “armati” del gruppo jihadista Hayat Tahrir al Sham (Hts) e delle fazioni alleate, che avrebbero distrutto una tettoia all’esterno dell’edificio, rotto alcuni vetri e danneggiato gli uffici, portando via del materiale, come dimostrano anche alcuni video. 

Il personale dell’ambasciata iraniana a Damasco aveva lasciato la sede prima dell’assalto di questa mattina, scrive il Teheran times, citando il portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghai, secondo cui “i diplomatici avevano evacuato i locali prima dell’assalto condotto dai terroristi”. 

“Le basi militari russe sul territorio della Siria sono in regime di massima allerta. Al momento non c’è alcuna minaccia seria alla loro sicurezza”. Lo fa sapere il ministero degli Esteri di Mosca in una nota, dopo il crollo del regime di Damasco. 

“Stiamo bene”, detto intanto alla Tass un membro del personale dell’ambasciata russa a Damasco dopo l’ingresso dei ribelli jihadisti nella capitale siriana e la fuga di Bashar al Assad, da sempre sostenuto da Mosca. La fonte non ha fornito alcun dettaglio su dove si trovi il personale. 

“Assad ha lasciato Damasco verso mezzanotte ieri sera ed è volato verso una base russa in Siria con l’intenzione di proseguire da lì per Mosca. Non abbiamo ancora indicazioni chiare se abbia lasciato la Siria”, scrive su X Barak Ravid, di Axios, citando una fonte israeliana, mentre una fonte statunitense conferma che a Washington “abbiamo seguito Assad mentre lasciava Damasco la scorsa notte e crediamo che stesse progettando di volare a Mosca”. 

“Non posso commentare, non sappiamo dove sia. Probabilmente è fuori dalla Siria”, le parole del ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, parlando della sorte del presidente siriano Bashar al Assad. 

Ma Assad potrebbe anche essere diretto in Africa dopo essersi visto respingere da diversi paesi. A sostenerlo, parlando con la Tass, è stato Anas al-Abda, membro del comitato politico della Coalizione nazionale delle forze di opposizione e rivoluzionarie siriane. “Non ci sono ancora notizie certe sulla posizione di Assad. Sappiamo che ha chiesto il permesso di recarsi in diversi Paesi, tra cui la Russia, ma gli è stato rifiutato. Potrebbe essersi diretto in qualche Paese dell’Africa. Il popolo siriano, a sua volta, vuole che sia processato da un tribunale siriano”, ha affermato. 

A metà mattinata arriva poi la versione di Mosca: Bashar al-Assad si è dimesso da presidente della Siria e ha abbandonato il Paese con l’ordine di trasferire il potere in modo pacifico. Ad annunciarlo è stato il ministero degli Esteri russo in una nota, citata dalla Tass. “A seguito dei negoziati condotti da Bashar al-Assad con alcuni partecipanti al conflitto armato, ha deciso di lasciare la carica presidenziale e ha lasciato il Paese, dando istruzioni per effettuare il trasferimento di poteri in modo pacifico”. La Russia – viene precisato – non ha preso parte a questi negoziati 

L’Esercito nazionale siriano sostenuto dalla Turchia e coinvolto nell’offensiva contro il regime di Damasco ha lanciato un attacco contro le milizie curde delle Forze democratiche siriane a Manbji, nel nord del paese. Lo hanno denunciato le stesse Fds, secondo cui sarebbero state attaccate una ventina di località che si trovano sulle strade principali che attraversano il nord del Paese e che conducono al Rojava, regione autonoma del nordest della Siria amministrata dai curdi. 

Dal canto suo, l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che le forze turche hanno bombardato le posizioni controllate dalle Fds ad Hasaka. Due giorni fa, il comandante delle Forze democratiche siriane, Mazlum Abdi, si era detto disponibile ad un dialogo con Ankara e con ol gruppo jihadista Hayat Tahrir al Sham (Hts), mentre procedeva la loro avanzata. 

Assad “è fuggito” dalla Siria dopo aver perso il sostegno della Russia. Lo scrive Donald Trump in un post su Truth social, poche ore dopo l’ingresso dei ribelli jihadisti a Damasco. “Assad non c’è più. È fuggito dal suo Paese. Il suo protettore, la Russia guidata da Vladimir Putin, non era più interessata a proteggerlo. Non c’era alcun motivo per cui la Russia restasse lì” sostiene il presidente eletto degli Stati Uniti, sottolineando che Mosca “ha perso ogni interesse per la Siria a causa dell’Ucraina, dove quasi 600.000 soldati russi sono stati feriti o uccisi, in una guerra che non sarebbe mai dovuta iniziare e che potrebbe andare avanti all’infinito”. Nel post, Trump afferma poi che “Russia e Iran si trovano in questo momento in uno stato di debolezza, l’una a causa dell’Ucraina e dell’economia che va male, l’altro a causa di Israele e dei suoi successi nella guerra”. 

L’inviato delle Nazioni Unite in Siria, Geir Pedersen, ha esortato a conservare “una cauta speranza” dopo la presa di Damasco da parte dei ribelli, parlando di “momenti decisivi” che mettono fine a mezzo secolo di potere del clan Assad.  

I circa 14 anni di guerra civile in Siria – ha dichiarato in un comunicato – sono stati “un capitolo buio che ha lasciato delle cicatrici”. “Oggi guardiamo al futuro con una cauta speranza di apertura, …di pace, di riconciliazione, di dignità e di inclusione per tutti i siriani”. 

Le milizie curde in Siria salutano intanto la partenza di Bashar al-Assad come un’occasione per una ripartenza politica nel paese. “Questo cambiamento offre l’occasione di costruire una nuova Siria basata sulla democrazia e la giustizia”, ha dichiarato Mazloum Abdi, comandante delle Forze democratiche siriane (Sdf) – guidate dalle milizie curde – alludendo alla possibilità di “garantire i diritti di tutti i siriani”. “In Siria viviamo momenti storici assistendo alla caduta del regime autoritario a Damasco”, ha aggiunto. 

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato di aver ordinato all’esercito israeliano di “prendere il controllo” della zona cuscinetto del Golan al confine con la Siria e delle “posizioni strategiche adiacenti”. “Questa regione – ha dichiarato – è stata sotto il controllo di una zona cuscinetto stabilita dall’accordo di separazione delle forze del 1974 per quasi 50 anni”.  

“Questo accordo con la Siria è caduto”, ha dichiarato Netanyahu, l’esercito ha abbandonato le sue posizioni, ha aggiunto, assicurando che Israele “non permetterà a nessuna forza ostile di stabilirsi sul nostro confine”. “Si tratta di una posizione difensiva temporanea fino a quando non si troverà un accordo adeguato”, ha concluso. 

I media siriani riferiscono intanto di attacchi aerei israeliani nelle aree di Daraa e Suwayda, nel sud della Siria, non lontano dal confine israeliano, e nella zona della base aerea di Mezzeh, vicino alla capitale Damasco. 

Secondo quanto riportato, gli attacchi hanno preso di mira depositi di munizioni e armi presso la base aerea di Khalkhalah a Suwayda, diversi siti nel governatorato di Daraa e la base aerea di Mezzeh. L’IDF non ha rilasciato alcun commento immediato, scrive il Times of Israel. 

 

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