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Meloni contro “La Repubblica, il Fatto Quotidiano e il Domani”. Imbarazzo dell’Ue: “Il governo italiano sapeva del rapporto sulla libertà di informazione”

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ROMA – Stupore, sconcerto, imbarazzo. I quotidiani italiani provano a riassumere in una parola la reazione dei vertici istituzionali europei alla lettera con cui la premier Meloni ha scelto di replicare alla Relazione annuale sullo stato di diritto dell’Unione. A far ‘inviperire’ il capo del governo, la parte del documento dedicata alla libertà di stampa nei 27 Paesi Ue. O meglio, quella dedicata all’Italia. Quest’anno, rispetto alle edizioni precedenti, per più di tre pagine si parla della nostra televisione di Stato. E per nostra, s’intende dei cittadini italiani.

Il grafico del Corriere della Sera sulla tv pubblica in Europa

Sebbene il rapporto fornisca semplici raccomandazioni, è evidente la preoccupazione di Bruxelles per “la piena indipendenza della Rai” dai “rischi di influenza politica, frutto della prassi consolidata di riorganizzare le posizioni apicali basandosi sull’equilibrio dei poteri politici”.

Insomma, al di là dei formalismi, la domanda è chiara: quanto il potere esecutivo incide sulla programmazione e sulle scelte editoriali dell’informazione pubblica? La replica di Meloni non si è fatta attendere, mettendo nero su bianco termini come “fake news” contenute nella Relazione Ue. Ecco perché, in queste ore, filtra il disappunto di chi soltanto pochi giorni fa è stato confermato alla guida dell’Unione. La lettera del Presidente del Consiglio, come da prassi, è pervenuta all’ufficio di gabinetto di Ursula von Der Leyen, presidente della Commissione Ue. È la prima volta che un premier scrive alla presidente
della Commissione europea per polemizzare riguardo al rapporto annuale – scrive il Corriere della Sera – Ma non è la prima volta che il governo di Giorgia Meloni scrive ai funzionari di Ursula von der Leyen su questo argomento”.

LA DELEGAZIONE UE IN ITALIA

Il rapporto infatti non è stato stilato sulla base di informazioni sommarie. L’Unione europea ha inviato tra gennaio e aprile una delegazione di funzionari, facenti capo al commissario Ue alla Giustizia Didier Reynder. Si è confrontato con la Federazione nazionale della stampa italiana, con l’Ordine dei giornalisti e
con l’osservatorio “Ossigeno per l’informazione”. Ha poi riportato al governo italiano le osservazioni critiche mosse da quest’ultimi sulla gestione della Rai e dell’informazione.

MELONI: “NEL DOCUMENTO CRITICHE DEL DOMANI, DEL FATTO QUOTIDIANO, DI REPUBBLICA”

Insomma, secondo l’Unione europea, Palazzo Chigi non poteva non sapere il contenuto della relazione. La premier Meloni nelle ultime ore ha infatti ricalibrato il tiro, specificando che “la Commissione europea non è il mio diretto interlocutore, ma chi strumentalizza quel rapporto che tra l’altro non dice niente di particolarmente nuovo rispetto agli anni precedenti, anche questo varrebbe la pena di ricordare”. La premier ha specificato che il documento “riporta accenti critici di alcuni portatori di interesse, diciamo stakeholder: il Domani, il Fatto Quotidiano, Repubblica…”.

“GOVERNANCE RAI DEFINITA DA LEGGE DEL GOVERNO RENZI, AVERE TESSERINO GIORNALISTA NON VUOL DIRE POTER DIFFAMARE QUALCUNO”

La premier ha poi aggiunto che la governance Rai “è definita da una legge del 2015 che ha fatto il governo Renzi” e “dicono che ci sono delle intimidazioni alla stampa perché ci sono degli esponenti politici che querelano per diffamazione alcuni giornalisti ma non mi pare che in Italia vi sia una regola che dice che se tu hai una tessera da giornalista, che ho anche io in tasca, puoi liberamente diffamare qualcuno e dire che gli esponenti politici se avviano una causa per diffamazione stanno facendo azioni di intimidazione, vuol dire non avere neanche rispetto dell’indipendenza dei giudici. Viene ad esempio preso in considerazione anche alcune querele che ho fatto io, le ho fatte quando ero all’opposizione, non quando ero al governo. Capisco il tentativo di strumentalizzare, cioè conosco il tentativo di cercare il soccorso esterno da parte di una sinistra in Italia che evidentemente è molto dispiaciuta di non poter utilizzare per esempio il servizio pubblico come fosse una sezione di partito, però su questo non posso aiutare proprio perché credo nella libertà di informazione e di stampa”.

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