(Adnkronos) – “In Italia abbiamo circa 40 milioni di fabbricati, di cui quasi la metà realizzata nell’immediato Dopoguerra, con materiali scadenti e tecnologie al risparmio, senza concetti di durabilità sui materiali”. L’analisi è di Bruno Finzi, presidente della Commissione strutture dell’Ordine degli ingegneri del Comune di Milano. La illustra durante gli “Stati generali delle ingegnerie digitali – Costruendo il futuro tecnologico di Milano e del Paese”, organizzato dall’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Milano all’Acquario civico del capoluogo lombardo. “Si doveva fare in fretta a ricostruire l’Italia”, contestualizza Finzi, “e questi edifici degli anni ‘50 e ‘60 sono arrivati alla scadenza della loro vita utile. Hanno bisogno come minimo che si capisca lo stato di salute in cui si trovano, per la nostra normativa nazionale”. “In Italia abbiamo una percentuale incredibile di fabbricati senza titolo abilitativo: 15 milioni sui 40 del totale sono senza documentazione corretta. Il problema sta venendo al pettine, perché in fase di rogito i notai chiedono la documentazione catastale e la certificazione che quello che si va a vendere corrisponda allo stato di fatto. Non abbiamo normativa nazionale che ci consente di sanare queste situazioni”, prosegue Finzi, menzionando la proposta nel cassetto del Ministero prevedere la sanatoria. Nel 2016 è stato introdotto un articolo nel regolamento edilizio di Milano per prevedere nei fabbricati con più di 50 anni la non agibilità per i fabbricati con più di 50 anni sprovvisti di certificazione. Una norma “impugnata al Tar 6 anni ormai 6 anni fa da Assoedilizia perché considerata vessatoria verso i proprietari di immobili”, spiega Finzi. “Oggi altri magistrati hanno impegnato altre parti del Pgt e del Regolamento edilizio a Milano: si parla tanto di sostenibilità, ma la sostenibilità migliore a Milano e in Italia è cercare di rigenerare costruzioni realizzate senza ottica di durabilità. Demolizione e ricostruzione dovrebbero essere obiettivo di tutti noi, tecnici, politici e immobiliari. Invece ci obbligano, come ingegneri strutturisti, a tenere in piedi scheletri fatiscenti pur di non demolire. Perché solo in questa maniera si evitano le forche caudine di possibili inquisizioni o possibili stop della pratica all’interno del Comune”.