ROMA – L’uso innovativo del triossido di arsenico (ATO) in compresse per via orale, e non più per via endovenosa, il miglioramento dei regimi terapeutici per il trattamento dei pazienti anziani, fino alle nuove scoperte sulle complicanze della malattia e post trattamento. Sono questi alcuni dei principali temi che ematologi italiani e internazionali hanno discusso durante l’8° Simposio Internazionale sulla leucemia acuta promielocitica (LAP), che si è svolto a Roma il 10 e 11 aprile 2024, all’Hotel NH Collection Roma Centro. L’appuntamento è stato infatti l’importante occasione per discutere le ultime sfide da superare nel trattamento dei pazienti affetti da questa malattia oltre che per commemorare il Professor Francesco Lo Coco, prematuramente scomparso nel 2019, che, con le sue ricerche, ha cambiato la storia della LAP, conosciuta anche come leucemia fulminante.
Nella giornata di mercoledì, i medici hanno discusso in particolare dell’ottimizzazione dei regimi terapeutici senza chemioterapia e della prevenzione delle ricadute a lungo termine. Maria Teresa Voso, Professore Ordinario di Ematologia al Policlinico Universitario di Roma Tor Vergata e tra i coordinatori scientifici dell’evento, ha presentato i dati provenienti dal vasto database APL Harmony che evidenziano fattori quali l’età avanzata e l’“alto rischio” (secondo la classificazione correntemente in uso) come associati a una minore sopravvivenza dei pazienti. La combinazione di acido all-trans retinoico (ATRA) e ATO senza chemioterapia si è dimostrata la migliore opzione terapeutica per le fasce di rischio cosiddetto “standard”, con alti tassi di sopravvivenza a lungo termine e una ridotta probabilità di ricaduta rispetto ad altri regimi terapeutici.
Aggiornamenti significativi sono stati inoltre dedicati al trattamento di importanti complicanze della LAP. I risultati di studi recenti presentati durante il Simposio suggeriscono che le cellule staminali leucemiche potrebbero giocare un ruolo significativo nella genesi della coagulopatia, una complicanza tipica per cui i pazienti presentano all’esordio emorragie anomale potenzialmente letali. È stato osservato che un sottogruppo specifico di queste cellule leucemiche potrebbe essere responsabile della regolazione della coagulazione, suggerendo così l’esistenza di nuovi bersagli terapeutici potenziali e lo sviluppo di strategie più efficaci per gestire questa complicanza.
Si stanno dimostrando efficaci invece le strategie contro la sindrome da differenziamento, una complicanza potenzialmente letale associata al trattamento della LAP. Questa condizione si verifica quando le terapie mirate, come ATRA e ATO, inducono un’infiammazione sistemica e una sindrome da liberazione di citochine, manifestando una serie di sintomi clinici come difficolta respiratoria, febbre, insufficienza renale e altri. Una sindrome che può essere devastante se non diagnosticata e trattata precocemente, ma per la quale, negli ultimi anni, l’introduzione della terapia steroidea profilattica ha contribuito significativamente a ridurre la mortalità, portandola a livelli stimati tra l’1 e il 2%.
Dopo le presentazioni orali, la serata è proseguita con la cerimonia di inaugurazione tenuta dalla Professoressa Voso e da Marco Vignetti, presidente della Fondazione GIMEMA, che hanno ripercorso il presente e il futuro della leucemia acuta promielocitica.
“Franco Mandelli fu il primo ematologo italiano a imparare a riconoscere questa strana forma di leucemia, imparando a Parigi dallo scopritore della malattia, l’ematologo Jean Bernard– ha raccontato Vignetti- Le ricerche di Mandelli sono state completate da Lo Coco, grazie anche alla sua grande capacità organizzativa, oltre che quelle proprie di valido ricercatore e laboratorista. Egli ha saputo mettere insieme Gruppi di Paesi diversi, grazie alle sue doti umane ed alla sua competenza: dal Canada alla Spagna, dalla Germania fino all’Australia”.
Con l’8° Simposio Internazionale sulla leucemia acuta promielocitica, la Fondazione GIMEMA si è impegnata a portare avanti questa eredità e a continuare in questa direzione per ottenere i migliori risultati possibili dalla cooperazione internazionale nella ricerca scientifica. La serata si è poi conclusa con la magnifica esibizione del maestro Nicola Piovani.
Giovedì 11 aprile è stata invece la giornata dedicata all’aggiornamento delle nuove terapie in fase di sperimentazione. Harry J Iland, Professore di medicina all’Università di Sydney, Australia, e medico specialista al Royal Prince Alfred Hospital, ha presentato i risultati di uno studio rilevante sull’uso dell’arsenico per via orale.
La terapia standard a base di ATO richiede infusioni prolungate di due ore. Tale procedura, sebbene efficace, comporta un impatto sull’utilizzo delle risorse ospedaliere e sulla comodità del paziente. L’ATO orale potrebbe così rappresentare un’alternativa vantaggiosa dal punto di vista economico e forse anche in termini di sicurezza, ma attualmente la sua disponibilità per uso clinico è limitata principalmente alla Cina e a Hong Kong.
Lo studio di Iland si è concentrato sulla disponibilità di una nuova formulazione orale di ATO, sviluppata come parte della terapia di consolidamento standard del trattamento della LAP. La ricerca ha confermato la bioequivalenza tra la somministrazione orale e quella endovenosa, il che potrebbe aprire nuove prospettive nella gestione della malattia. Parallelamente, altri ricercatori, come Hongming Zhu dell’Istituto di Ematologia di Shanghai, stanno esplorando la possibilità di una terapia post-induzione senza chemioterapia per i pazienti affetti da LAP, a prescindere dalla classificazione del rischio. Si tratta di un trattamento post-remissione completamente privo di chemioterapia, che includa una terapia di mantenimento orale. Una nuova prospettiva che potrebbe portare a benefici significativi per un numero maggiore di pazienti.
2° RIUNIONE NAZIONALE GIMEMA – Venerdì 12 è stato il giorno della Riunione Nazionale GIMEMA durante la quale i protagonisti della ricerca GIMEMA hanno aggiornato medici e ricercatori in ematologia provenienti da tutta Italia sulle attività di ricerca in corso, gli studi e i progetti portati avanti dai nove gruppi di lavoro (Working Parties) che abbracciano la gran parte delle patologie ematologiche, sia di natura neoplastica che non, e affrontano argomenti più “trasversali” come la qualità di vita e le complicanze infettive, che, come noto, sono molto frequenti in pazienti sottoposti a terapie come il trapianto di midollo.
Attualmente gli studi in corso promossi dalla Fondazione GIMEMA sono più di 50 e vedono la partecipazione attiva della quasi totalità dei centri ematologici italiani – diffusi su tutto il territorio nazionale – che afferiscono alla rete GIMEMA. Importante, in questa giornata, è stata anche la sessione dedicata alle attività di laboratorio sia per la parte assistenziale (Rete LabNet) sia per la parte di ricerca traslazionale.
I tre giorni di eventi sono stati realizzati grazie al supporto di AIL – Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma, AIL Roma, AIL Bari, European Hematology Association (EHA), l’Università di Tor Vergata; con il contributo non condizionante di Abbvie, Amgen, Novartis, Astellas, AstraZeneca, Bristol Myers Squibb, Roche, Incyte, Jazz Pharmaceuticals, Servier Italia e con il patrocinio della Società Italiana di Ematologia (SIE) e della Società Italiana di Ematologia Sperimentale (SIES).
L’articolo A Roma tre giornate dedicate all’ematologia italiana proviene da Agenzia Dire.
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